Calolzio: inaugurato Piazzale Vittime del Coronavirus, per non dimenticare

Da questa mattina il piazzale antistante il Cimitero Maggiore di Calolziocorte onora la memoria delle "Vittime del Coronavirus". Almeno un centinaio solo in città.
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Ad una settimana di distanza dalla Giornata nazionale dedicata proprio al ricordo di chi ha perso la vita durante la pandemia, l'amministrazione comunale - con l'organizzazione demandata dall'assessore ai servizi sociali e cimiteriali Celestina Balossi - ha promosso, alla presenza anche degli alunni dell'Istituto Comprensivo e dell'Istituto Lorenzo Rota, una semplice (ma sentita) cerimonia di dedicazione, alla quale sono stati invitati a partecipare anche i rappresentanti dei diversi sodalizi che, anche nel periodo più buio, non hanno fatto mancare il loro apporto, sostenendo il primo cittadino e il suo staff.
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"Da poco tempo ero sindaco: mi sono trovato in grandissima difficoltà a risolvere situazioni mentre improvvisamente crollava tutto" ha ricordato, senza giri di parole, Marco Ghezzi, in fascia tricolore legando alle mascherine due ricordi personali di quei giorni pesanti. Il primo: il lotto di dispositivi di protezione che era riuscito a reperire in Sicilia, nei giorni in cui "tutti ne cercavano, tutti ne chiedevano, ma non si riuscivano a trovare". "Alla fine mi hanno bloccato la spedizione, non so ancora per quali ragioni fiscali". "Ricordo - ha aggiunto in un altro passaggio del suo intervento, passando così dai primi drammatici giorni alla fase della "reazione" e dunque della gestione degli aiuti che nel frattempo iniziavano ad arrivare - come momento di forte aggregazione quando tutti i consiglieri comunali sono messi a re-impacchettare le mascherine: le ricevevamo in pacchi da mille, le imbustavamo a 2-3 alla volta, secondo le esigenze delle singole famiglie".P1000827.jpg (478 KB)
Momenti che sembrano lontani. Ma che non vanno dimenticati, anche per rispetto del dolore di chi ha perso parenti e amici. A tutti loro il sindaco ha rinnovato le condoglianze, riservando un pensiero anche a chi "ha dovuto sopportare la malattia riuscendo, con grande fatica, a venirne fuori".
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Nel sottolineare come la pandemia abbia evidenziato pecche nel sistema, Ghezzi ha è tornato a evidenziare l'importanza del volontariato. “Noi abbiamo in qualche modo rimediato grazie alla collaborazione delle associazioni che ci hanno assistito, in quel momento difficile e hanno consentito di attenuare i gravi e gravissimi problemi che hanno colpito la popolazione”. Il grazie del Comune è andato così a Protezione civile, Volontari del Soccorso, Carabinieri in congedo, Alpini e Marinai, Caritas, Spazio Condiviso, Il Gabbiano, L'Altra via. E ancora i medici della Cooperativa Cosma - operativi al centro vaccinale realizzato al palazzetto dello sport messo a disposizione dall'AC Calolzio - i parroci, le farmacie e i commercianti che si sono messi a disposizione per la consegna di vettovaglie a domicilio per chi non poteva uscire di casa.
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Un ulteriore grazie lo ha espresso, nel proprio accorato contributo, la dottoressa Maria Beatrice Stasi, direttore generale – fino allo scorso dicembre – dell'ASST Papa Giovanni XXIII, scelta quale “madrina” per la dedicazione odierna. 
"Sono qui con grande piacere a Calolziocorte, il Comune in cui ho scelto di vivere da quarant'anni, pur essendo stata negli ultimi cinque a Bergamo da dove porto con me un carico di ricordi. Il primo è quello che condivido con il sindaco, la solitudine. Abbiamo fatto fatica, in un primo momento, a far capire ciò che stava succedendo: solo da noi avevamo casi tre-cinque volte più numerosi di quelli di intere regioni italiane, abbiamo lottato a lungo per avere i dispositivi di protezione. Io lavoro con medici davvero pronti e preparati, ma che restavano angosciati perché non sapevano a cosa stavamo andando incontro, arrivavano persone che scendevano dalle ambulanze e venivano spostate direttamente nelle terapie intensive. Poi mi sono ammalata, tra i primi, insieme al Questore di Bergamo e al Prefetto.  Vedo qui il marito della mia più cara amica che mi portava la spesa, me la metteva sullo zerbino, mi faceva uno squillo e andava, quando ero isolata e dirigevo l'ospedale da casa: un'esperienza che non auguro a nessuno, perché quando hai la responsabilità di ciò che sta succedendo in un ospedale con 4.600 dipendenti, con 5-600 malati di Covid, vi assicuro che la solitudine, lo stress e l'ansia della malattia si facevano sentire. Da qui una prima lezione per i giovani: ci sono momenti nella vita dove succedono delle cose e tu non ti puoi spostare, dire 'adesso lo fa un altro'. Lì si vede il carattere delle persone. Abbiamo iniziato con il primo paziente il 23 febbraio, l'onda del Covid ha cominciato a diminuire solo in questi giorni, il 29 marzo. Oggi è molto giusto ricordare i morti, quelli che non ce l'hanno fatta. Era una malattia conosciuta, che abbiamo contribuito ad approfondire perché nel nostro ospedale, il più colpito, l'abbiamo studiato il Covid, abbiamo trovato anche prospettive terapeutiche. Però voglio ricordare anche le tante persone a cui abbiamo salvato la vita, sono davvero tante. Abbiamo curato più di 7.000 pazienti Covid in cinque ondate, l'ultima nel maggio 2022. Per non parlare dei 650.000 vaccini e anche della gestione di un ospedale che non c'era, alla Fiera di Bergamo, che Regione Lombardia ha affidato alle mie cure e a quelle dei miei collaboratori. Credo che la grande lezione di oggi ci sia arrivata dalle tante cose imparate, poi altre sono ancora da perfezionare. La salute è un investimento, non un costo. Dobbiamo investire in salute perché così la gente è più felice, produce di più, quindi c'è un beneficio collettivo enorme. Ma dobbiamo anche imparare a guardare con occhi diversi un medico, anche un direttore generale, tanto vituperati nell'immaginario, perché hanno sfangato la peggior pandemia del secolo. Oggi quei medici e quegli infermieri dipinti come eroi vengono spesso insultati o addirittura aggrediti. Dobbiamo loro grande rispetto, anche per evitare di allontanare i giovani da queste professioni che, ve lo assicuro, sono bellissime, perché chi si occupa di salute si occupa della cosa più bella che c'è".
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"Il mio pensiero – ha aggiunto il dottor Ivano Venturini, direttore della Casa di Riposo Madonna della Fiducia - va alle persone che ci hanno lasciato, e ai professionisti e alle forze di volontariato che sono stati loro vicini. Non vorrei ancorarmi alla narrazione di ciò che è stato il Covid, è giusto parlare di ciò che ci ha insegnato l'esperienza della pandemia. La scienza ha fatto il suo corso, ha dato le sue spiegazioni definendoci "post pandemici", ma in queste fasi di transizione un segnale netto della fine non c'è quasi mai. C'è però un collante che tiene insieme tre cose: la fine di ciò che era, l'incertezza di ciò che è, la speranza di ciò che sarà. Sono tre sensazioni diverse, ma che convivono alternandosi nella nostra quotidianità: il noto, l'ignoto e il desiderato. Guardo gli studenti presenti oggi e sono convinto che l'umanità ha un'incredibile capacità di resilienza, apprendimento e adattamento. La generazione Covid, composta da tutti noi, ha il compito storico di imparare da ciò che è successo e stabilire una nuova rotta, con l'opportunità unica di tracciare scelte sanitarie, sociali e umane completamente diverse dalle precedenti. Così potremo essere comunità coesa".
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A tal proposito una lezione è arrivata anche dagli studenti del Rota che – dopo la benedizione della targa apposta all'ingresso del piazzale e dopo il tris di brani a tema proposti dal coro della scuola media Manzoni – hanno offerto una loro riflessione, mettendo a nudo i sentimenti provati durante la pandemia, dalla solitudine dettata dall'isolamento alla difficoltà a tornare poi alla vita “reale”. Senza perdere però la speranza. Perché nei momenti di dolore – è stato detto – si reagisce con la sopravvivenza. 

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A.M.
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