Lecco: Mimosa Martini, una passione per il giornalismo
Passione e coraggio, nella professione e nella vita: sono queste le carte vincenti che hanno da sempre accompagnato la giornalista del Tg5 Mimosa Martini, che ieri sera si è voluta raccontare ai lecchesi durante l’incontro organizzato alla sala civica di Germanedo da Vivere Lecco.
Una vita dedicata al giornalismo, un lavoro ma soprattutto una passione nata da lontano.
“E’ anzitutto una questione di carattere: per me il giornalismo nasce innanzitutto da una forte curiosità interiore, dalla sensazione dalla consapevolezza di vivere in un mondo caratterizzato da una varietà straordinaria di persone e situazioni” ha spiegato. “Fin da bambina sono stata sempre molto curiosa. Ad esempio mi piace cercare di capire con i miei occhi come funzionano gli oggetti. E con la mia professione faccio lo stesso: anzitutto osservo le persone e le situazioni, cerco di capirle. E solo dopo posso spiegarle e raccontarle, creando una narrazione, diffondendo una memoria di quanto successo”.
La serata è stata poi occasione per discutere dell’informazione, di cosa è oggi, di cosa diventerà in futuro, tra i rischi e le immense possibilità offerte dalle nuove tecnologie e dalla Rete.
“Sono di una generazione che ha fatto in tempo a conoscere il giornalismo con la macchina da scrivere: ricordo la telescrivente nell’ufficio del mio primo direttore, i filmati in pellicola. Poi è arrivato Internet e ha portato la rivoluzione, mettendo in crisi la stessa carta stampata che – non so fra quanto – ma è certamente destinata a scomparire” ha ricordato Mimosa Martini.
“Quando ho iniziato a fare l’inviata, uno dei problemi era proprio quello di riuscire a comunicare con la redazione: in alcuni paesi non si trovavano ne poste ne telegrafi, e anche quando c’erano non era affatto scontato riuscire a trovare le linea. Ora invece con un telefono satellitare ho campo anche in pieno deserto o in mezzo alla giungla”.
Una libertà di movimento prima impensabile, che ha permesso alla giornalista ad esempio di raggiungere paesi di Haiti prima ancora che arrivassero gli aiuti umanitari, documentando le condizioni disperate della popolazione dopo il sisma.
Ma non è tutto oro quello luccica. Anche – e soprattutto – nella rete.
“Ci sono Paesi nel mondo dove oggi gli inviati occidentali non possono mettere piede. Penso alla Siria ad esempio. Le uniche immagini che riceviamo vengono da cittadini siriani: ma quali garanzie abbiamo su queste notizie? Sono attendibili? Internet è la sede di tutta l’informazione, ma anche di tutta la possibile disinformazione: quindi il ruolo del giornalista è sempre fondamentale, deve essere una persona preparata, in grado di riconoscere dove c’è informazione e dove c’è invece disinformazione”.
Mimosa Martini
Martini, giornalista professionista dal 1994, oggi si occupa di politica estera, ed è stata anche più volte inviata nelle zone di guerra di Afghanistan, Iraq e Iran. Ha raggiunto anche Haiti nei giorni seguenti il terribile terremoto del 2010, catastrofe cha causato più di 220.000 vittime.Una vita dedicata al giornalismo, un lavoro ma soprattutto una passione nata da lontano.
“E’ anzitutto una questione di carattere: per me il giornalismo nasce innanzitutto da una forte curiosità interiore, dalla sensazione dalla consapevolezza di vivere in un mondo caratterizzato da una varietà straordinaria di persone e situazioni” ha spiegato. “Fin da bambina sono stata sempre molto curiosa. Ad esempio mi piace cercare di capire con i miei occhi come funzionano gli oggetti. E con la mia professione faccio lo stesso: anzitutto osservo le persone e le situazioni, cerco di capirle. E solo dopo posso spiegarle e raccontarle, creando una narrazione, diffondendo una memoria di quanto successo”.
Riccardo Magnani, Mimosa Martini e Ezio Venturini
Ma non è stata sempre una strada in discesa: “In un mondo spesso in mano ai figli d’arte, la mia unica arma sono state le mie capacità: non mi sono mai tirata indietro nonostante le tante batoste, tenendo sempre vivo il mio entusiasmo e la mia passione, anche a costo di tanti sacrifici”.La serata è stata poi occasione per discutere dell’informazione, di cosa è oggi, di cosa diventerà in futuro, tra i rischi e le immense possibilità offerte dalle nuove tecnologie e dalla Rete.
“Sono di una generazione che ha fatto in tempo a conoscere il giornalismo con la macchina da scrivere: ricordo la telescrivente nell’ufficio del mio primo direttore, i filmati in pellicola. Poi è arrivato Internet e ha portato la rivoluzione, mettendo in crisi la stessa carta stampata che – non so fra quanto – ma è certamente destinata a scomparire” ha ricordato Mimosa Martini.
“Quando ho iniziato a fare l’inviata, uno dei problemi era proprio quello di riuscire a comunicare con la redazione: in alcuni paesi non si trovavano ne poste ne telegrafi, e anche quando c’erano non era affatto scontato riuscire a trovare le linea. Ora invece con un telefono satellitare ho campo anche in pieno deserto o in mezzo alla giungla”.
Una libertà di movimento prima impensabile, che ha permesso alla giornalista ad esempio di raggiungere paesi di Haiti prima ancora che arrivassero gli aiuti umanitari, documentando le condizioni disperate della popolazione dopo il sisma.
Ma non è tutto oro quello luccica. Anche – e soprattutto – nella rete.
“Ci sono Paesi nel mondo dove oggi gli inviati occidentali non possono mettere piede. Penso alla Siria ad esempio. Le uniche immagini che riceviamo vengono da cittadini siriani: ma quali garanzie abbiamo su queste notizie? Sono attendibili? Internet è la sede di tutta l’informazione, ma anche di tutta la possibile disinformazione: quindi il ruolo del giornalista è sempre fondamentale, deve essere una persona preparata, in grado di riconoscere dove c’è informazione e dove c’è invece disinformazione”.
P.V.