Lecco: sui fatti del 28 aprile, replica a 'Nessuno'
Gentile “Nessuno”,
ho letto con malcelato e finto stupore la Sua lettera, zeppa di indignazione, ardore memoriale e una prosa che ondeggia tra l'invettiva e il lamento, come un requiem scritto da chi si sente perpetuamente assediato dalla Storia e dal torto.
Con ordine:
1. LA COMMEMORAZIONE “pacifica" - Lei ci tiene a dire che da decenni si svolge ogni 28 aprile una commemorazione per i caduti del battaglione Perugia e del Gruppo Leonessa. Le do atto della costanza, ma, vede, la memoria non è neutra: si ricorda perché, chi e in nome di cosa. E commemorare chi imbracciò le armi per difendere un regime dichiaratamente criminale non è un atto neutro, tanto meno apolitico. È una rivendicazione, e come tale legittimamente e doverosamente contrastata. Il fatto che l’evento si svolga da anni non lo legittima — semmai lo rende più inquietante. E non è vero che nessuno se n'era accorto negli anni passati. C'è sempre stata indignazione e contrarietà. Quest'anno più degli altri, l'annuncio pure di una fiaccolata, con l'affissione massiccia di manifesti con simboli di estrema destra, fascisti e neonazisti è stato un'elevazione alla potenza dello sprofondo dei tempi.
2. LE “INESATTEZZE” dei comunicati - Parla di “simboli fascisti” come se fossero fole da cortile. Ma se durante un evento pubblico compaiono croci celtiche, saluti romani, e ci si riconosce esplicitamente in chi ha combattuto per la Repubblica Sociale Italiana (alleata dei nazisti fino all’ultimo respiro), l’equivoco non è né giornalistico, né di questo o qual partito o di questa o dell'associazione democratico; è storico e morale.
3. I “POVERI UFFICIALI” e il ciclo delle vittime - Ogni guerra civile è tragica. Ma confondere il dolore umano con l’assoluzione politica è un errore. Un errore facile e giustificatorio per troppi pesciolini e pescioloni Questi “ufficiali” militavano in reparti che avevano scelto — dopo l’8 settembre — di combattere contro gli italiani che lottavano per la libertà. È come piangere i gerarchi fucilati a Piazzale Loreto senza ricordare chi lì era stato appeso prima, per ordine loro. I fascisti stavano con i nazisti, e questi che si sono voluti commemorare con un tributo pubblico in città hanno ucciso oltre a tanti altri anche partigiani e cittadini lecchesi. 4. LUCIANO VIOLANTE e Saint-Exupéry - Che un brano di Saint-Exupéry sia stato letto, o che Violante abbia detto parole di apertura verso i “ragazzi di Salò”, non cambia la realtà storica. La pietas non è un lasciapassare per il revisionismo. Si può compatire il destino di un uomo senza santificare la causa per cui ha combattuto. Non è questione di vinti o di odio è questione che le commemorazioni, fortemente violente anche se pacifiche e composte, sono inaccettabili proprio perché commemorazioni di orgoglio e rivendicazione. Nessuno dovrebbe autorizzare, tantomeno le autorità di Polizia e Amministrative, una celebrazione come quella del 28 aprile fuori dallo Stadio. Sono altri i luoghi della sommessa compostezza e della pietas: le cripte dei santuari e i cimiteri.
5. ARGOMENTI non c'è ne sono altri? - La domanda è lecita. E la risposta è sì: ce ne sono tanti. Ma se un rappresentante delle istituzioni (il sindaco di Casargo Antonio Pasquini in questo caso) partecipa a una commemorazione nostalgica del fascismo — e lo fa in silenzio, ma non in incognito — è doveroso chiedere conto della sua coerenza con la Costituzione che ha giurato, implicitamente o meno, di servire. Non è “can-can mediatico”, è igiene democratica. E questo chiedere conto, in un auto sussulto di dignità, doveva portare alle dimissioni
6. LA PANDEMIA Dov’era all'ora la libertà? - Ah, eccoci al consueto colpo di teatro. Quando l’argomentazione vacilla, si sfodera il passaporto vaccinale. Paragoni tra la lotta antifascista e il Green Pass sono, se mi permette, un insulto all’intelligenza. E glielo dico, non che faccia differenza, da non vaccinato, da chi è stato sospeso dal lavoro, da chi ha vissuto sulla sua pelle, sebbene da privilegiato, la discriminazione di uno Stato e non solo quello contro un suo cittadino/cittadini Nessuno è stato deportato per un vaccino. Nessuno è morto in un lager per un tampone. Certo lo Stato di diritto, già imperfetto e mal funzionante, ha tutelato più e forse solo gli interessi economici e capitalisti, più che la salute pubblica e ha confuso una società civile con una società ospedalizzata compiendo soprusi e spiegazioni di diritti che troppe persone non hanno ancora colto. Ma non mi permetterei mai di paragonarlo al nazifascismo del ventennio che persone come voi vanno davanti a una lapide a commemorare.
7. IL “CICLOPICO” problema dell’odio - Conclude dicendo che è stanco di chi “sparge odio”. Lo capisco. Ma l’odio non lo produce chi protesta contro il fascismo. Lo produce chi si ostina a riabilitare un’ideologia che ha causato guerre, stermini, repressioni, e ha lasciato in eredità un’Italia da ricostruire nel corpo e nell’anima.
Mi creda, “Nessuno”: non è in discussione il diritto alla memoria — ma il dovere della verità. E quella, a differenza della nostalgia, non cambia colore se piove o c’è il sole. Se la si fa in silenzio e pacifica o con urla e tensione. Per questo e sull'esperienza dei fatti cittadini di quest'ultimo 28 aprile mi auguro che le Istituzioni proposte: la Questura e l'Amministrazione in primis, si organizzino per tempo e vietino queste commemorazioni violentemente nostalgiche, revisioniste e indegne.
ho letto con malcelato e finto stupore la Sua lettera, zeppa di indignazione, ardore memoriale e una prosa che ondeggia tra l'invettiva e il lamento, come un requiem scritto da chi si sente perpetuamente assediato dalla Storia e dal torto.
Con ordine:
1. LA COMMEMORAZIONE “pacifica" - Lei ci tiene a dire che da decenni si svolge ogni 28 aprile una commemorazione per i caduti del battaglione Perugia e del Gruppo Leonessa. Le do atto della costanza, ma, vede, la memoria non è neutra: si ricorda perché, chi e in nome di cosa. E commemorare chi imbracciò le armi per difendere un regime dichiaratamente criminale non è un atto neutro, tanto meno apolitico. È una rivendicazione, e come tale legittimamente e doverosamente contrastata. Il fatto che l’evento si svolga da anni non lo legittima — semmai lo rende più inquietante. E non è vero che nessuno se n'era accorto negli anni passati. C'è sempre stata indignazione e contrarietà. Quest'anno più degli altri, l'annuncio pure di una fiaccolata, con l'affissione massiccia di manifesti con simboli di estrema destra, fascisti e neonazisti è stato un'elevazione alla potenza dello sprofondo dei tempi.
2. LE “INESATTEZZE” dei comunicati - Parla di “simboli fascisti” come se fossero fole da cortile. Ma se durante un evento pubblico compaiono croci celtiche, saluti romani, e ci si riconosce esplicitamente in chi ha combattuto per la Repubblica Sociale Italiana (alleata dei nazisti fino all’ultimo respiro), l’equivoco non è né giornalistico, né di questo o qual partito o di questa o dell'associazione democratico; è storico e morale.
3. I “POVERI UFFICIALI” e il ciclo delle vittime - Ogni guerra civile è tragica. Ma confondere il dolore umano con l’assoluzione politica è un errore. Un errore facile e giustificatorio per troppi pesciolini e pescioloni Questi “ufficiali” militavano in reparti che avevano scelto — dopo l’8 settembre — di combattere contro gli italiani che lottavano per la libertà. È come piangere i gerarchi fucilati a Piazzale Loreto senza ricordare chi lì era stato appeso prima, per ordine loro. I fascisti stavano con i nazisti, e questi che si sono voluti commemorare con un tributo pubblico in città hanno ucciso oltre a tanti altri anche partigiani e cittadini lecchesi. 4. LUCIANO VIOLANTE e Saint-Exupéry - Che un brano di Saint-Exupéry sia stato letto, o che Violante abbia detto parole di apertura verso i “ragazzi di Salò”, non cambia la realtà storica. La pietas non è un lasciapassare per il revisionismo. Si può compatire il destino di un uomo senza santificare la causa per cui ha combattuto. Non è questione di vinti o di odio è questione che le commemorazioni, fortemente violente anche se pacifiche e composte, sono inaccettabili proprio perché commemorazioni di orgoglio e rivendicazione. Nessuno dovrebbe autorizzare, tantomeno le autorità di Polizia e Amministrative, una celebrazione come quella del 28 aprile fuori dallo Stadio. Sono altri i luoghi della sommessa compostezza e della pietas: le cripte dei santuari e i cimiteri.
5. ARGOMENTI non c'è ne sono altri? - La domanda è lecita. E la risposta è sì: ce ne sono tanti. Ma se un rappresentante delle istituzioni (il sindaco di Casargo Antonio Pasquini in questo caso) partecipa a una commemorazione nostalgica del fascismo — e lo fa in silenzio, ma non in incognito — è doveroso chiedere conto della sua coerenza con la Costituzione che ha giurato, implicitamente o meno, di servire. Non è “can-can mediatico”, è igiene democratica. E questo chiedere conto, in un auto sussulto di dignità, doveva portare alle dimissioni
6. LA PANDEMIA Dov’era all'ora la libertà? - Ah, eccoci al consueto colpo di teatro. Quando l’argomentazione vacilla, si sfodera il passaporto vaccinale. Paragoni tra la lotta antifascista e il Green Pass sono, se mi permette, un insulto all’intelligenza. E glielo dico, non che faccia differenza, da non vaccinato, da chi è stato sospeso dal lavoro, da chi ha vissuto sulla sua pelle, sebbene da privilegiato, la discriminazione di uno Stato e non solo quello contro un suo cittadino/cittadini Nessuno è stato deportato per un vaccino. Nessuno è morto in un lager per un tampone. Certo lo Stato di diritto, già imperfetto e mal funzionante, ha tutelato più e forse solo gli interessi economici e capitalisti, più che la salute pubblica e ha confuso una società civile con una società ospedalizzata compiendo soprusi e spiegazioni di diritti che troppe persone non hanno ancora colto. Ma non mi permetterei mai di paragonarlo al nazifascismo del ventennio che persone come voi vanno davanti a una lapide a commemorare.
7. IL “CICLOPICO” problema dell’odio - Conclude dicendo che è stanco di chi “sparge odio”. Lo capisco. Ma l’odio non lo produce chi protesta contro il fascismo. Lo produce chi si ostina a riabilitare un’ideologia che ha causato guerre, stermini, repressioni, e ha lasciato in eredità un’Italia da ricostruire nel corpo e nell’anima.
Mi creda, “Nessuno”: non è in discussione il diritto alla memoria — ma il dovere della verità. E quella, a differenza della nostalgia, non cambia colore se piove o c’è il sole. Se la si fa in silenzio e pacifica o con urla e tensione. Per questo e sull'esperienza dei fatti cittadini di quest'ultimo 28 aprile mi auguro che le Istituzioni proposte: la Questura e l'Amministrazione in primis, si organizzino per tempo e vietino queste commemorazioni violentemente nostalgiche, revisioniste e indegne.
UNO E CENTOMILA