Lecco: presi di mira dal vicino perchè gay, il racconto in Aula

Nel mese del Pride, all'indomani della manifestazione promossa anche a Lecco per rinvendicare i diritti "arcobaleno" e non solo, in un'Aula del Tribunale cittadino due uomini uniti civilmente, hanno dovuto raccontare le vessazioni subite, anche per via della loro omosessualità, da parte di un vicino, nella seconda udienza di un processo iniziato nello scorse settimana con analoghe testimonianze di altri residenti presi di mira dall'imputato (QUI l'articolo).
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“Abbiamo l'ansia, si dorme poco, c'è l'incubo di ritrovarselo in casa come già avvenuto. È stato in grado di renderci la vita impossibile: non è più la stessa di prima, da quando è arrivato nel condominio non siamo più padroni di casa nostra”. E' solo una parte del racconto della convivenza, divenuta ormai impossibile, tra l'uomo di 49 anni a giudizio e, appunto, due dei sette inquilini della stessa palazzina che lo hanno trascinato a processo.
Due testimonianze, una di seguito all'altra, che hanno descritto un quadro a dir poco spaventoso delle condizioni in cui la coppia omosessuale si è trovata a vivere nel momento in cui nello stabile di via Giusti a Belledo hanno fatto il loro ingresso l'imputato e la moglie.
Presi di mira, oggetto di continui e pesanti insulti omofobi, con minacce anche di morte e una aggressione nella loro stessa casa l'altra mattina i due hanno raccontato la loro versione dei fatti, che si somma a quella degli altri 5 condomini, con una testimonianza a tratti anche interrotta da momenti di forte tensione emotiva, giunta sino alle lacrime.
Ricasati una volta si sono trovati una pozza di urina davanti allo zerbino, un'altra volta sulle scale del palazzo era stato sparso dell'olio, in un'altra occasione era stato rotto deliberatamente il braccio che “accompagna” la porta di ingresso diventata così rumorosa. A metà maggio una lunga scia di alcool etilico sparsa a terra portava sino all'ingresso del loro appartamento. “Mancava solo la miccia” ha commentato sarcastico il teste durante la deposizione.
“Ci curano quando usciamo o rientriamo dal lavoro e allora fanno rumore, sbattono i cancelli, alzano la musica a tutto volume, urlano” hanno proseguito. “Non appena ci vedono iniziano con gli insulti: froci di merda, ricchioni, dovete morire, gente come voi non deve esistere”.
Tratto comunque delle presunte persecuzioni contro il resto del palazzo, è lo spray al peperoncino, spruzzato in abbondanza in diverse occasioni e anche in ascensore tanto da avere costretto a rivolgersi “in massa” al pronto soccorso per l'irritazione a gola e occhi.
“Per noi la casa era diventata una prigione, appena arrivavamo dal lavoro ci chiudevano all'interno per paura. Da qualche giorno è stato allontanato e non abbiamo più l'ansia, siamo tornati a dormire bene”.
Il procedimento proseguirà ora nel mese di luglio con i restanti testimoni, la discussione e l'eventuale sentenza.
S.V.
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