Lecco: la resistenza a Gaza con la mamma di Vik alla Pastasciutta Antifascista 2025
Anche quest’anno, il 25 luglio, si è ripetuta la Pastasciutta Antifascista, appuntamento nato per ricordare il crollo del regime di Mussolini dopo i ventennio e oggi divenuto simbolo di impegno civile, memoria e condivisione.

L’edizione 2025 a Lecco, organizzata dalla Sezione Anpi “Pino Galbani” della CGIL in collaborazione con Emergency, è stata ospitata dal Circolo Libero Pensiero, con al centro testimonianze, parole e riflessioni sul presente. Ospite principale è stata Egidia Beretta Arrigoni, madre di Vittorio, Vik, l’attivista lecchese ucciso a Gaza nel 2011. A chiudere una serata tra parole, piatti di pastasciutta e voglia di continuare a resistere insieme, dopo il toccante intervento dell’ospite, la musica coinvolgente della band patchanka La Malaleche:

Ad aprire l’incontro è stato Adriano Crisafi di Emergency, che ha portato un aggiornamento dalla Striscia di Gaza, dove oggi l’organizzazione è impegnata con una nuova clinica. Ha raccontato che, dopo aver ottenuto le necessarie garanzie per tutelare gli operatori, è stato possibile allestire un presidio medico in un’area ritenuta sicura, nei pressi di al-Mawashi, con un investimento di 160.000 euro. Qui lavorano una trentina di persone, tra cui medici, ginecologi e infermieri. Prima dell’apertura di questa struttura, Emergency operava all’interno di una clinica preesistente, ma la situazione attuale è ormai critica: “Non ci sono più medicinali sufficienti per curare”, ha spiegato Crisafi. Ha raccontato anche di donne che si prendono cura dei bambini rimasti soli, accompagnandoli dai medici e accudendoli come fossero figli. Ha concluso il suo intervento con una frase che ha colpito tutti: “Gaza non è solo quello che fanno vedere in televisione.”

Poi è intervenuta Egidia Beretta, portando sul palco la voce di suo figlio Vik attraverso i suoi articoli, le sue lettere, la sua vita. L’intervista è stata guidata dal giornalista Fabio Landrini, che ha accompagnato il pubblico nel racconto, tra aneddoti e riflessioni profonde. La madre di Arrigoni ha raccontato di un ragazzo che aveva scelto di stare dalla parte degli ultimi, armato solo di parola e testimonianza.

«Io lo chiamo il guerriero disarmato», ha detto. «Armato di strumenti che possiamo avere anche noi: la parola, la testimonianza, la scrittura». Collaborava con Il Manifesto e con il giornale online di Emergency, documentava con ostinazione le violazioni dei diritti da parte dell’esercito israeliano, ed era spesso l’unico testimone occidentale presente nei luoghi sotto attacco.
Egidia ha ricordato episodi concreti, tra cui il ferimento di Vittorio mentre era a bordo di un peschereccio, colpito da una pistola e caduto in acqua. Ha raccontato il suo impegno accanto ai pescatori e poi, durante l’operazione “Piombo Fuso” del 2008-2009, con la Mezzaluna Rossa: Vik saliva sulle ambulanze per soccorrere feriti e recuperare corpi, di giorno e di notte. In quel periodo, nonostante le difficoltà, scriveva quotidianamente per Il Manifesto e per Emergency. «Il dovere della testimonianza era più forte di qualsiasi paura», sosteneva. «Ci siamo trasformati in reporter, anche se non eravamo lì per quello».

Una delle testimonianze più forti della serata è stata la lettura di un suo articolo scritto l’8 gennaio 2009, dall’ospedale al-Shifa di Gaza, in cui raccontava l’orrore vissuto da chi si trovava sotto i bombardamenti, usando una metafora durissima: «Israele ha rinchiuso centinaia di civili in una scuola, come in una scatola, e poi l’ha schiacciata con tutto il peso delle sue bombe. E quali sono state le reazioni nel mondo? Quasi nulla. Tanto valeva nascere animali, piuttosto che palestinesi. Saremmo stati più tutelati».
Vik, che diceva di avere “una passione sfrenata per i diritti umani”, parlava così anche da Gaza: con un occhio rivolto all’Italia e all’eredità dei partigiani, “che mi hanno insegnato a non inginocchiarmi mai dinanzi alla tirannia, fascista o sionista che sia”.

La mamma ha spiegato come attorno a Vittorio si sia formata una coscienza collettiva, perché i suoi racconti hanno acceso la consapevolezza in tante persone. Lo stesso Amos Oz, scrittore israeliano, aveva dichiarato: “Vittorio è molto pericoloso per Israele, perché potrebbe testimoniare di fronte alla Corte internazionale dell’Aia sui crimini di guerra”. L’evento si è concluso con il ricordo di un gesto semplice ma potente: la solidarietà delle donne lecchesi – anche Stella, zia di Egidia – durante la Resistenza, che raccoglievano cibo e coperte per i partigiani e li portavano sull’altra riva dell’Adda, in silenzio, nella notte. Una memoria che si riallaccia a quella della resistenza palestinese: contadini uccisi per un mazzo di prezzemolo, pescatori colpiti in mare, paramedici assassinati sulle ambulanze.
Forme di resistenza civile e non violenta che, ancora oggi, chiedono al mondo una cosa sola: non chiudere gli occhi.

«Restiamo umani» era molto più di uno slogan: era il cuore stesso del messaggio di Vik. E, nel giorno della Pastasciutta Antifascista, quel messaggio è tornato a risuonare forte, come un invito a non voltarsi dall’altra parte.

L’edizione 2025 a Lecco, organizzata dalla Sezione Anpi “Pino Galbani” della CGIL in collaborazione con Emergency, è stata ospitata dal Circolo Libero Pensiero, con al centro testimonianze, parole e riflessioni sul presente. Ospite principale è stata Egidia Beretta Arrigoni, madre di Vittorio, Vik, l’attivista lecchese ucciso a Gaza nel 2011. A chiudere una serata tra parole, piatti di pastasciutta e voglia di continuare a resistere insieme, dopo il toccante intervento dell’ospite, la musica coinvolgente della band patchanka La Malaleche:

Ad aprire l’incontro è stato Adriano Crisafi di Emergency, che ha portato un aggiornamento dalla Striscia di Gaza, dove oggi l’organizzazione è impegnata con una nuova clinica. Ha raccontato che, dopo aver ottenuto le necessarie garanzie per tutelare gli operatori, è stato possibile allestire un presidio medico in un’area ritenuta sicura, nei pressi di al-Mawashi, con un investimento di 160.000 euro. Qui lavorano una trentina di persone, tra cui medici, ginecologi e infermieri. Prima dell’apertura di questa struttura, Emergency operava all’interno di una clinica preesistente, ma la situazione attuale è ormai critica: “Non ci sono più medicinali sufficienti per curare”, ha spiegato Crisafi. Ha raccontato anche di donne che si prendono cura dei bambini rimasti soli, accompagnandoli dai medici e accudendoli come fossero figli. Ha concluso il suo intervento con una frase che ha colpito tutti: “Gaza non è solo quello che fanno vedere in televisione.”

Poi è intervenuta Egidia Beretta, portando sul palco la voce di suo figlio Vik attraverso i suoi articoli, le sue lettere, la sua vita. L’intervista è stata guidata dal giornalista Fabio Landrini, che ha accompagnato il pubblico nel racconto, tra aneddoti e riflessioni profonde. La madre di Arrigoni ha raccontato di un ragazzo che aveva scelto di stare dalla parte degli ultimi, armato solo di parola e testimonianza.

«Io lo chiamo il guerriero disarmato», ha detto. «Armato di strumenti che possiamo avere anche noi: la parola, la testimonianza, la scrittura». Collaborava con Il Manifesto e con il giornale online di Emergency, documentava con ostinazione le violazioni dei diritti da parte dell’esercito israeliano, ed era spesso l’unico testimone occidentale presente nei luoghi sotto attacco.
Egidia ha ricordato episodi concreti, tra cui il ferimento di Vittorio mentre era a bordo di un peschereccio, colpito da una pistola e caduto in acqua. Ha raccontato il suo impegno accanto ai pescatori e poi, durante l’operazione “Piombo Fuso” del 2008-2009, con la Mezzaluna Rossa: Vik saliva sulle ambulanze per soccorrere feriti e recuperare corpi, di giorno e di notte. In quel periodo, nonostante le difficoltà, scriveva quotidianamente per Il Manifesto e per Emergency. «Il dovere della testimonianza era più forte di qualsiasi paura», sosteneva. «Ci siamo trasformati in reporter, anche se non eravamo lì per quello».

Una delle testimonianze più forti della serata è stata la lettura di un suo articolo scritto l’8 gennaio 2009, dall’ospedale al-Shifa di Gaza, in cui raccontava l’orrore vissuto da chi si trovava sotto i bombardamenti, usando una metafora durissima: «Israele ha rinchiuso centinaia di civili in una scuola, come in una scatola, e poi l’ha schiacciata con tutto il peso delle sue bombe. E quali sono state le reazioni nel mondo? Quasi nulla. Tanto valeva nascere animali, piuttosto che palestinesi. Saremmo stati più tutelati».
Vik, che diceva di avere “una passione sfrenata per i diritti umani”, parlava così anche da Gaza: con un occhio rivolto all’Italia e all’eredità dei partigiani, “che mi hanno insegnato a non inginocchiarmi mai dinanzi alla tirannia, fascista o sionista che sia”.

La mamma ha spiegato come attorno a Vittorio si sia formata una coscienza collettiva, perché i suoi racconti hanno acceso la consapevolezza in tante persone. Lo stesso Amos Oz, scrittore israeliano, aveva dichiarato: “Vittorio è molto pericoloso per Israele, perché potrebbe testimoniare di fronte alla Corte internazionale dell’Aia sui crimini di guerra”. L’evento si è concluso con il ricordo di un gesto semplice ma potente: la solidarietà delle donne lecchesi – anche Stella, zia di Egidia – durante la Resistenza, che raccoglievano cibo e coperte per i partigiani e li portavano sull’altra riva dell’Adda, in silenzio, nella notte. Una memoria che si riallaccia a quella della resistenza palestinese: contadini uccisi per un mazzo di prezzemolo, pescatori colpiti in mare, paramedici assassinati sulle ambulanze.
Forme di resistenza civile e non violenta che, ancora oggi, chiedono al mondo una cosa sola: non chiudere gli occhi.

«Restiamo umani» era molto più di uno slogan: era il cuore stesso del messaggio di Vik. E, nel giorno della Pastasciutta Antifascista, quel messaggio è tornato a risuonare forte, come un invito a non voltarsi dall’altra parte.
Gloria Draghi