Fede, memoria e tradizione alla 378^ Festa di Galbiate. Una mostra in ricordo di Padre Corti
In un intreccio di fede, memoria, tradizione e impegno, la comunità di Galbiate ha celebrato ieri la 378^ edizione della sua Festa. Il ricco programma, inaugurato venerdì 17 ottobre con uno spettacolo a cura della compagnia “La Campagnola”, ha saputo coinvolgere tutta la cittadinanza. Un fine settimana denso di appuntamenti, tra momenti ludici – come i gonfiabili per bambini e il mercatino degli hobbisti – e celebrazioni solenni, con la Messa e la tradizionale Processione.


“La Solennità della Dedicazione del Duomo, che ogni anno si celebra la terza domenica di ottobre, rivive in noi nella festa del nostro paese” ha affermato don Alessandro Maggioni nel corso dell’omelia. “Ma ciò che oggi la liturgia ci suggerisce è la possibilità di vedere attraverso quell’edificio, così maestoso, almeno due indicazioni per il nostro cammino di fede. Il Duomo viene anche chiamato cattedrale, e nel segno della cattedra mi piace leggere il principio di unità della nostra Chiesa. Nel nostro paese ci sono diverse Parrocchiali: si potrebbe pensare che la Chiesa, abitando un territorio così tanto diviso, fatichi a trovare una sua unità. Questa festa, quindi, ci richiama a questa immagine e ricorda che questa istituzione, per quanto diffusa, non deve mai perdere lo sguardo d’insieme del cammino”.



Un altro spunto di riflessione offerto dal sacerdote ha preso forma a partire dalla metafora della roccia, proposta nella lettura del Vangelo. “La cattedrale - ha proseguito don Alessandro - ci guida affinché non dimentichiamo il nostro fondamento. Questo evento annuale rappresenta un vero e proprio monito a questo proposito: oggi, tutti siamo abituati ad avere promemoria sui nostri device. Allo stesso modo, questo ruolo viene svolto da questa ricorrenza. La Chiesa abita in noi, ma ha bisogno di un fondamento, che è Gesù. Potrebbe sembrare una certezza scontata, tuttavia, se smarriamo questo principio, si cade nel rischio di compiere un’opera solo nostra. Questo si traduce nella caducità di quest’opera, che non dura più di una stagione, per quanto possa essere bella e intelligente. Una Chiesa che non è radicata in Gesù non può durare: è come quella casa che, se non edificata sulla roccia, prima o poi svanisce”.



Un’altra figura celebrata nel corso della festa è quella di Padre Giovanni Corti, partito in missione in Argentina, all’età di 23 anni, non ancora prete. "Il suo intento era quello di aiutare i poveri, seguendo le orme di San Giovanni Bosco" ci ha raccontato Angelo Agostani, uno dei rappresentanti del gruppo “Amici Padre Corti”. "A Cordoba, dove è stato ordinato sacerdote, ha sostenuto la costruzione di scuole, grazie anche a benefattori del territorio. Si è impegnato a combattere la fame dei ragazzi che vivevano per strada, in condizioni di miseria e precarietà. Oltre che nel mondo ecclesiastico, si è fatto conoscere anche in quello alpinistico: avendo ottenuto il brevetto di pilota, supportava anche le spedizioni di materiali in luoghi impervi e difficilmente accessibili per via pedestre".

Ispirato dall’esempio di Padre Giovanni, il gruppo ha raccolto ricordi e filmati, esposti in una mostra dedicata. “Questo progetto si è sviluppato un anno fa, dalla volontà di onorare il centenario dalla sua nascita” ci ha rivelato Agostani. “Come associazione, abbiamo colto l’occasione per dedicargli questo spazio, per far rivivere la sua memoria ai galbiatesi e a dare senso alla sua opera”.

In merito all’esposizione, si è espresso anche Domenico Petrocca, con la testimonianza di Gianni Longhi del periodo trascorso a fianco del sacerdote in Sud America: “La mostra - ha specificato il primo - verrà portata anche all'istituto lecchese “Maria Ausiliatrice”. Ma la sua opera si estende anche al territorio: tengo a sottolineare che, anni fa, Gianni Longhi e altri volontari hanno smontato il vecchio ospedale di Lecco e hanno inviato in Argentina 38 container colmi di materiale, utili per l’edificazione di una nuova scuola".


Dalla maestosità del Duomo alla semplicità dell’impegno missionario, la comunità di Galbiate ha così riscoperto nella festa un’occasione preziosa per ricordare, condividere e rinnovare il proprio cammino. Con uno sguardo al cielo, ma con i piedi ben saldi sulla roccia.


“La Solennità della Dedicazione del Duomo, che ogni anno si celebra la terza domenica di ottobre, rivive in noi nella festa del nostro paese” ha affermato don Alessandro Maggioni nel corso dell’omelia. “Ma ciò che oggi la liturgia ci suggerisce è la possibilità di vedere attraverso quell’edificio, così maestoso, almeno due indicazioni per il nostro cammino di fede. Il Duomo viene anche chiamato cattedrale, e nel segno della cattedra mi piace leggere il principio di unità della nostra Chiesa. Nel nostro paese ci sono diverse Parrocchiali: si potrebbe pensare che la Chiesa, abitando un territorio così tanto diviso, fatichi a trovare una sua unità. Questa festa, quindi, ci richiama a questa immagine e ricorda che questa istituzione, per quanto diffusa, non deve mai perdere lo sguardo d’insieme del cammino”.



Un altro spunto di riflessione offerto dal sacerdote ha preso forma a partire dalla metafora della roccia, proposta nella lettura del Vangelo. “La cattedrale - ha proseguito don Alessandro - ci guida affinché non dimentichiamo il nostro fondamento. Questo evento annuale rappresenta un vero e proprio monito a questo proposito: oggi, tutti siamo abituati ad avere promemoria sui nostri device. Allo stesso modo, questo ruolo viene svolto da questa ricorrenza. La Chiesa abita in noi, ma ha bisogno di un fondamento, che è Gesù. Potrebbe sembrare una certezza scontata, tuttavia, se smarriamo questo principio, si cade nel rischio di compiere un’opera solo nostra. Questo si traduce nella caducità di quest’opera, che non dura più di una stagione, per quanto possa essere bella e intelligente. Una Chiesa che non è radicata in Gesù non può durare: è come quella casa che, se non edificata sulla roccia, prima o poi svanisce”.



Un’altra figura celebrata nel corso della festa è quella di Padre Giovanni Corti, partito in missione in Argentina, all’età di 23 anni, non ancora prete. "Il suo intento era quello di aiutare i poveri, seguendo le orme di San Giovanni Bosco" ci ha raccontato Angelo Agostani, uno dei rappresentanti del gruppo “Amici Padre Corti”. "A Cordoba, dove è stato ordinato sacerdote, ha sostenuto la costruzione di scuole, grazie anche a benefattori del territorio. Si è impegnato a combattere la fame dei ragazzi che vivevano per strada, in condizioni di miseria e precarietà. Oltre che nel mondo ecclesiastico, si è fatto conoscere anche in quello alpinistico: avendo ottenuto il brevetto di pilota, supportava anche le spedizioni di materiali in luoghi impervi e difficilmente accessibili per via pedestre".

Ispirato dall’esempio di Padre Giovanni, il gruppo ha raccolto ricordi e filmati, esposti in una mostra dedicata. “Questo progetto si è sviluppato un anno fa, dalla volontà di onorare il centenario dalla sua nascita” ci ha rivelato Agostani. “Come associazione, abbiamo colto l’occasione per dedicargli questo spazio, per far rivivere la sua memoria ai galbiatesi e a dare senso alla sua opera”.

In merito all’esposizione, si è espresso anche Domenico Petrocca, con la testimonianza di Gianni Longhi del periodo trascorso a fianco del sacerdote in Sud America: “La mostra - ha specificato il primo - verrà portata anche all'istituto lecchese “Maria Ausiliatrice”. Ma la sua opera si estende anche al territorio: tengo a sottolineare che, anni fa, Gianni Longhi e altri volontari hanno smontato il vecchio ospedale di Lecco e hanno inviato in Argentina 38 container colmi di materiale, utili per l’edificazione di una nuova scuola".


Dalla maestosità del Duomo alla semplicità dell’impegno missionario, la comunità di Galbiate ha così riscoperto nella festa un’occasione preziosa per ricordare, condividere e rinnovare il proprio cammino. Con uno sguardo al cielo, ma con i piedi ben saldi sulla roccia.
V.I.