Verde da salvare e aree dismesse: ecco come trasformare Lecco
Salvaguardia della fascia collinare e recupero della vallata del Gerenzone: sono stati i due temi al centro dell’attenzione nel terzo dei tre incontri pubblici promossi dall’amministrazione comunale per illustrare il nuovo piano del governo del territorio – il documento che prefigura lo sviluppo urbanistico della città nei prossimi anni – e tenutosi ieri sera alla “Piccola”. Un piano – è stato detto – che tenta di conciliare la trasformazione della città in questi ultimi anni rimasta immobile con i legittimi interessi dei privati ma senza lasciare spazio a scellerate speculazioni edilizie, per usare le parole del sindaco Mauro Gattinoni.

I capisaldi del nuovo strumento urbanistico – come li ha fissati l’assessore Giuseppe Rusconi – sono tre: un piano di edilizia sociale (se ne era parlato QUI la settimana scorsa), tutelare i diritti all’edificazione creando dei veri e proprio “crediti edilizi” e la cosiddetta “indifferenza funzionale”, concetti questi ultimi che vanno naturalmente spiegati. Con “credito edilizio” si intende la possibilità per un proprietario di rinunciare a costruire in un luogo di particolare salvaguardia ambientale e quindi con un basso tasso di edificazione e trasportare quel diritto in un’altra area della città dove l’indice è maggiore (e quindi patrimonialmente ed economicamente più vantaggioso): un credito che potrà essere usato direttamente o ceduto a terzi; a questo proposito sarà realizzato un registro comunale.

Per “indifferenza funzionale” si intende invece la possibilità di trasformare l’utilizzo di un edificio o di una parte di esso seguendo la richiesta del mercato, sottostando comunque a una serie di stretti criteri tecnici che tengano conto del contesto in cui sorge lo stabile e quindi le richieste dovranno essere valutati di volta.
«Di fatto – le parole di Rusconi – il pgt dirà semplicemente cosa non si potrà fare in un determinato luogo (per esempio, industria pesante o inquinante, allevamenti in contesti residenziali)».

Sul fronte della salvaguardia della fascia collinare – in passato aggredita in più punti – è stata individuata un’area tra Falghera, Malnago, Bonacina e Varigione dove, è stato sottolineato, le indicazioni del precedente piano urbanistico non hanno funzionato. E allora nelle aree edificabili in questa zona è stato ridotto del 40% l’indice di edificabilità, un indice che invece raddoppierebbe se appunto quella costruzione fosse realizzata altrove. Ed è in questo caso che scattano appunto i “crediti edilizi”. Si parla, per questa parte di città di aree di trasformazione urbana dei margini, l’acronimo è Atm e se ne sentirà parlare spesso nei prossimi anni. Peraltro nei confini dell’Atm non si potrà costruire dove si vuole ma in punti predefiniti.

«Lo stesso principio vale per La Valle del Gerenzone – ha detto il sindaco Gattinoni – dove sorgono alcuni edifici industriali di valore storico e che sono sottoposti a vincoli di salvaguardia e che potranno essere riadattati ad altre iniziative, a moderne start-up così da incentivare sul Gerenzone una nuova generazione di imprenditori. Accanto a questi edifici vi sono invece capannoni senza pregio risalenti agli anni Sessanta. In questo caso, si può sfoltire il costruito spostando altrove quella volumetria in altre parti interessate da progetti di rigenerazione urbana opportunamente dimensionati».

Da parte sua, Rusconi ha posto l’accento sulla differenza tra le grandi aree dismesse e i singoli edifici «e abbiamo quindi deciso di chiedere alla comunità lecchese se hanno edifici da poter assoggettare a rigenerazione urbana».

Ciò per sottolineare che il Comune non ha voluto fare cadere scelte dall’alto che avrebbero creato gravosi problemi ai proprietari. Se si fosse infatti deciso di vincolare una serie di strutture a rigenerazione urbana, ciò avrebbe comportato per il proprietario l’obbligo di procedere a ristrutturare entro tre anni di tempo e in caso non lo facesse sarebbe il Comune a intervenire direttamente, scaricando i costi sulla proprietà.

«Abbiamo deciso di ribaltare l’approccio – ha spiegato Rusconi – perché ci rendiamo conto cosa avrebbe comportato una regola del genere, trattandosi in molti casi di complessi ricevuti in eredita, magari con più proprietari, senza la possibilità economica di intervenire per un recupero. Già, abbiamo ricevuto dieci istanze relative a intere aree e 16 per singoli edifici e il consiglio comunale nel 2021 ha proceduto ad approvare interventi per 11 edifici e dieci “ambiti”. Statisticamente, Lecco è il Comune che in Lombardia ha approvato il maggior numero di interventi di rigenerazione urbana.

Va detto che da parte di alcuni intervenuti è stato manifestato un certo scetticismo sui risultati che, sul fronte della rigenerazione urbana, si riuscirà a ottenere stante anche una serie di leggi e norme che impongono vincoli strettissimi. Non a caso, il sindaco Gattinoni non ha nascosto che la direzione scelta presenti incognite e sia una sfida.

E se Rusconi ha rimarcato che soltanto dopo dieci e quindici anni si potranno si capirà se le scelte urbanistiche di oggi siano state azzeccate, così come è sempre stato per ogni politica urbanistica, Gattinoni si è spinto oltre, ammettendo che forse fra cinque anni – tale è la validità di un piano di governo del territorio anche se per evidenti ragioni la sua valenza si protrae ulteriormente – qualcuno dirà che abbiamo sbagliato, che abbiamo perso altri cinque anni, che è stata un’altra occasione mancata. Ma sottolineano nel contempo che questo piano urbanistico ha il pregio di aver cercato di dare una serie di risposte ai bisogni della città.
L'assessore Giuseppe Rusconi
I capisaldi del nuovo strumento urbanistico – come li ha fissati l’assessore Giuseppe Rusconi – sono tre: un piano di edilizia sociale (se ne era parlato QUI la settimana scorsa), tutelare i diritti all’edificazione creando dei veri e proprio “crediti edilizi” e la cosiddetta “indifferenza funzionale”, concetti questi ultimi che vanno naturalmente spiegati. Con “credito edilizio” si intende la possibilità per un proprietario di rinunciare a costruire in un luogo di particolare salvaguardia ambientale e quindi con un basso tasso di edificazione e trasportare quel diritto in un’altra area della città dove l’indice è maggiore (e quindi patrimonialmente ed economicamente più vantaggioso): un credito che potrà essere usato direttamente o ceduto a terzi; a questo proposito sarà realizzato un registro comunale.
Per “indifferenza funzionale” si intende invece la possibilità di trasformare l’utilizzo di un edificio o di una parte di esso seguendo la richiesta del mercato, sottostando comunque a una serie di stretti criteri tecnici che tengano conto del contesto in cui sorge lo stabile e quindi le richieste dovranno essere valutati di volta.
«Di fatto – le parole di Rusconi – il pgt dirà semplicemente cosa non si potrà fare in un determinato luogo (per esempio, industria pesante o inquinante, allevamenti in contesti residenziali)».
Sul fronte della salvaguardia della fascia collinare – in passato aggredita in più punti – è stata individuata un’area tra Falghera, Malnago, Bonacina e Varigione dove, è stato sottolineato, le indicazioni del precedente piano urbanistico non hanno funzionato. E allora nelle aree edificabili in questa zona è stato ridotto del 40% l’indice di edificabilità, un indice che invece raddoppierebbe se appunto quella costruzione fosse realizzata altrove. Ed è in questo caso che scattano appunto i “crediti edilizi”. Si parla, per questa parte di città di aree di trasformazione urbana dei margini, l’acronimo è Atm e se ne sentirà parlare spesso nei prossimi anni. Peraltro nei confini dell’Atm non si potrà costruire dove si vuole ma in punti predefiniti.
Il sindaco Mauro Gattinoni
«Lo stesso principio vale per La Valle del Gerenzone – ha detto il sindaco Gattinoni – dove sorgono alcuni edifici industriali di valore storico e che sono sottoposti a vincoli di salvaguardia e che potranno essere riadattati ad altre iniziative, a moderne start-up così da incentivare sul Gerenzone una nuova generazione di imprenditori. Accanto a questi edifici vi sono invece capannoni senza pregio risalenti agli anni Sessanta. In questo caso, si può sfoltire il costruito spostando altrove quella volumetria in altre parti interessate da progetti di rigenerazione urbana opportunamente dimensionati».
Da parte sua, Rusconi ha posto l’accento sulla differenza tra le grandi aree dismesse e i singoli edifici «e abbiamo quindi deciso di chiedere alla comunità lecchese se hanno edifici da poter assoggettare a rigenerazione urbana».
Ciò per sottolineare che il Comune non ha voluto fare cadere scelte dall’alto che avrebbero creato gravosi problemi ai proprietari. Se si fosse infatti deciso di vincolare una serie di strutture a rigenerazione urbana, ciò avrebbe comportato per il proprietario l’obbligo di procedere a ristrutturare entro tre anni di tempo e in caso non lo facesse sarebbe il Comune a intervenire direttamente, scaricando i costi sulla proprietà.
«Abbiamo deciso di ribaltare l’approccio – ha spiegato Rusconi – perché ci rendiamo conto cosa avrebbe comportato una regola del genere, trattandosi in molti casi di complessi ricevuti in eredita, magari con più proprietari, senza la possibilità economica di intervenire per un recupero. Già, abbiamo ricevuto dieci istanze relative a intere aree e 16 per singoli edifici e il consiglio comunale nel 2021 ha proceduto ad approvare interventi per 11 edifici e dieci “ambiti”. Statisticamente, Lecco è il Comune che in Lombardia ha approvato il maggior numero di interventi di rigenerazione urbana.
Va detto che da parte di alcuni intervenuti è stato manifestato un certo scetticismo sui risultati che, sul fronte della rigenerazione urbana, si riuscirà a ottenere stante anche una serie di leggi e norme che impongono vincoli strettissimi. Non a caso, il sindaco Gattinoni non ha nascosto che la direzione scelta presenti incognite e sia una sfida.
E se Rusconi ha rimarcato che soltanto dopo dieci e quindici anni si potranno si capirà se le scelte urbanistiche di oggi siano state azzeccate, così come è sempre stato per ogni politica urbanistica, Gattinoni si è spinto oltre, ammettendo che forse fra cinque anni – tale è la validità di un piano di governo del territorio anche se per evidenti ragioni la sua valenza si protrae ulteriormente – qualcuno dirà che abbiamo sbagliato, che abbiamo perso altri cinque anni, che è stata un’altra occasione mancata. Ma sottolineano nel contempo che questo piano urbanistico ha il pregio di aver cercato di dare una serie di risposte ai bisogni della città.
D.C.














