Erve: a Nesolio continua la tradizione della ''battitura'' delle castagne, un rito secolare

Sale ripida la mulattiera che da Erve porta al piccolo nucleo di Nesolio, ma non bisogna avere fretta. Lì in cima domenica è stato un vero e proprio salto nel passato, ai tempi della battitura delle castagne: un rito quasi millenario, che per secoli ha scandito la vita della popolazioni di tutta la Val San Martino.
Circa un mese fa Roberto e Pierino hanno depositate le castagne al piano superiore dei due essiccatoi che ancora resistono al passare degli anni e al di sotto hanno accesso un fuoco dolce, fatto con il legno di castagno che per sua natura brucia lento.

Nesolio

Alcuni dei battitori

La battitura

Ogni giorno lo hanno ravvivato, hanno fatto sì che non si spegnesse, se ne sono presi cura girando di tanto in tanto le castagne che hanno pian piano perso tutta l’umidità fino a diventare completamente secche per poter essere conservate per tutto l’inverno.    
Chiamato a raccolta un gruppo di cittadini volenterosi (tra di loro anche il vicesindaco Paolo Crespi), ha preso così di nuovo vita la cosiddetta “battitura”. Le castagne dall’essiccatoio sono state deposte, un sacco per volta, in un’antica “pila” – un apposito contenitore ricavato in un tronco di castagno – risalente all’800 mentre in quattro battitori, utilizzando apposite mazze, hanno iniziato a picchiarle per togliere loro il guscio.

Il vaglio

A turno, ognuno di loro, batte il colpo con ritmo e precisione: non è un lavoro ma una danza, una coreografia antica che racconta della fatica, della fame e della tenacia delle poveri genti che vivevano nella Valle.
E alla fine, utilizzando un vaglio in vimini, si separano dai resti delle bucce le castagne, pronte da essere bollite o macinate per ricavarne la farina con cui fare i dolci o la polenta.

L’essiccatoio

E non poteva esserci uno scenario migliore: Nesolio è piccolo borgo nascosto tra i boschi di castagni – alcuni plurisecolari - sopra Erve, una manciata di antiche case in pietra e legna risalente già al 1500.
A partire dagli anni ’50 Nesolio ha dovuto fare i conti con lo spopolamento e oggi solo Roberto e Stella vivono tra le antiche mura dell’abitato, insieme all’instancabile Pierino Valsecchi (classe 1933) che ogni giorno sale da Erve. E tra le case strette l’un l’altra in un dedalo di vicoli rimangono, come dicevamo, anche due antichi essiccatoi: quello di Roberto, ad esempio, è stato costruito nel 1848.

Un piccolo paese semideserto che in questo fine-settimana è tornato a vivere: un gruppo di amici, le castagne da battere e la polenta sul fuoco per respirare ancora l’odore del tempo che fu.
Guai a parlare di “folklore”: si tratta piuttosto di un’arte, di un rito collettivo che per secoli ha scandito anno dopo anno l’avvicinarsi dell’inverno, quando le castagne rappresentavano l’alimento principe degli abitanti di Erve cosi come di tutte le valli prealpine.

E quest’anno c’è un motivo in più per festeggiare: era dal 2011 che per colpa della vespa cinese – o meglio del Cinipide – che i castagni non davano più frutti.
Sacco dopo sacco, colpo dopo colpo, le castagne sono state battute e immagazzinate per l’inverno, pronte per essere assaporate.

Ma domenica a Nesolio è stato possibile gustare anche la bontà della lentezza: il tempo che serve per salire fino al borgo, il tempo necessario al caldo fuoco dell’essiccatoio per fare il suo dovere, il tempo della battitura e infine il tempo migliore, quello trascorso a ridere, chiacchierare e pranzare con gli amici di sempre.
Paolo Valsecchi
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