Sala al Barro, sul centro sportivo parla il legale dei vicini: le regole devono valere per i cittadini ma non per Comune e Gs?
A qualche giorno di distanza dalla conferenza stampa convocata congiuntamente dall'amministrazione comunale di Galbiate e dal Gs Sala al Barro per riaccendere i riflettori sulla vicenda del centro sportivo della frazione, dopo la notifica di due avvisi di garanzia al sindaco Benedetto Negri e al presidente del sodalizio Alessandro Negri per inottemperanza alle prescrizioni imposte dal giudice, è l'avvocato Francesco Marco Bianchi dello Studio Legale Notaro e Associati di Merate a "chiedere la parola" per una replica a distanza in nome e per conto dei signori Recalcati, i "vicini" che hanno promosso l'azione giudiziaria che ha portato al verdetto dello scorso giugno, ora appellato da tutte le parti in causa.
Di seguito dunque i medesimi punti toccati da Giunta e Gs Sala al Barro riproposti con un'altra chiave di lettura, documenti alla mano, per tentare di far chiarezza sulla vicenda.
Lo spazio è nuovamente a disposizione per eventuali altri interventi.
Per conto dei miei assistiti riporto alcuni elementi che possono essere utili a far comprendere nel complesso la vicenda, in modo da dimostrare le ennesime falsità ed inesattezze contenute nelle dichiarazioni dei soggetti che per conto del Comune e dell'Associazione Sportiva vengono diffuse. Mio malgrado, a questo punto, documenterò quanto affermo a smentita. Primo aspetto. Parto da quello al quale è stato dato maggior risalto, ovvero la richiesta di risarcimento di euro 50.000,00. Questa è la domanda giudiziale contenuta negli atti processuali:
Secondo aspetto, di chiarezza sugli aspetti civili e penali. L'appello, civile, non è stato promosso solo dai sigg.ri Recalcati, i quali hanno chiesto la condanna al risarcimento rispetto al quale il tribunale aveva omesso ogni pronuncia, ma l'appello è stato promosso anche dal Comune e dall'Associazione (si sono incrociate le notifiche dei rispettivi atti). Le vicende penali, invece, derivano dal fatto che non sono state rispettate le prescrizioni del tribunale, per cui è previsto il reato di cui all'art.650 c.p..
Su queste sarà la Procura a valutare la sussistenza dei relativi presupposti, per cui se quest'ultima sta procedendo è forse per il fatto che le controparti ancora una volta dimostrano di non voler rispettare le regole, oppure pretendono che le regole si conformino ai loro desideri ed esigenze. Sarebbe curioso vedere la risposta che verrebbe data ad un cittadino di Galbiate se questi, intimato dal Comune al rispetto di una norma, adottasse lo stesso atteggiamento.
Terzo aspetto, gli orari e la chiusura estiva. Il provvedimento del tribunale di Lecco, in merito agli orari, ha imposto la propria decisione solo su alcuni periodi, posto che per la maggior parte dell'anno sugli orari vi era l'accordo delle parti. I miei assistiti non hanno mai richiesto, infatti, una limitazione dell'attività sportiva dei ragazzi ( ed infatti durante l'anno sportivo, da ottobre a maggio, per ciò che concerne i ragazzi, non c'è alcuna limitazione pregiudizievole all'attività), ma hanno chiesto che venisse data una regolamentazione a quelle che sono in prevalenza le attività diverse da quelle specificatamente sportive. Questo è quanto riportato nel verbale di udienza dell'11.04.2017 in cui Comune ed Associazione (le "parti convenute"), congiuntamente, hanno così dichiarato:
Ora, sulla scorta di tali dichiarazioni e nella ricerca di una mediazione tra le parti, il tribunale -quando ha dovuto decidere- ha imposto la sua decisione solo sulle questioni ove vi era controversia e contrasto. Sulle altre ha recepito le rispettive esigenze per come evidenziate. Quindi se oggi Comune ed Associazione, dopo aver espressamente dato la loro disponibilità alla chiusura del centro per il periodo di agosto, vogliono cambiare ancora idea, è l'ennesima dimostrazione che, come purtroppo è stato evidente sin da prima del contenzioso giudiziale, non è possibile fare affidamento su eventuali accordi, stante il fatto che le controparti sconfessano anche le loro stesse dichiarazioni. Se poi l'esigenza odierna deriva dal fatto che il beach volley è stato da loro "sacrificato" in favore di altri interessi, di questo le controparti non possono certo dolersi con i miei assistiti. Quarto aspetto, la "missione sociale" del centro sportivo. E' doverosa una premessa storica, che fa ben comprendere come in realtà vi siano ben altre e ben diverse questioni rispetto a quelle "sportive".
La questione "rumore" con le prime segnalazioni al Comune da parte dei miei assistiti ha inizio nella seconda metà degli anni '90. Solo nel 2006, quindi dopo parecchi anni di inutili lamentele, i miei assistiti decidono di agire giudizialmente chiedendo al tribunale un accertamento tecnico preventivo nei confronti degli organizzatori delle feste estive.
1) un superamento dei livelli di emissione previsti dalla normativa amministrativa nelle giornate non coperte da deroghe comunali (rilasciate ad hoc dal Comune, senza la necessaria istruttoria);
2) un superamento della normale tollerabilità secondo i parametri civilistici. Dal momento che a tale accertamento non seguì alcuna causa, verosimilmente Comune e Associazione Sportiva ben pensarono non solo di continuare a fare ciò che sino ad allora avevano fatto creando disturbo, ma decisero di ampliare il centro.
Ma se già dall'epoca, con un centro sportivo di dimensioni ridotte (e con minori attività) si aveva -perizia di tribunale alla mano!- la certezza di superare i limiti civilistici e di superare quelli ammnistrativi a meno che non vi fossero deroghe ad hoc, perché si è scelto di sviluppare quel sito sportivo?
Perché le regole devono valere per i comuni cittadini ma non per il Comune ed il centro sportivo di sua proprietà, gestito da un'Associazione sportiva nei cui vertici figurano anche componenti della giunta cittadina?
Del resto, come ricordato, ad essere limitati in concreto dal provvedimento del tribunale di Lecco sono le attività diverse da quelle specificatamente sportive. Ad essere limitati sono ad esempio i camp estivi da 250,00 euro la settimana (forse visto il costo non proprio attività "sociale")e la ristorazione (per la quale, nel corso degli anni, tra il 2004 ed il 2010 i gestori hanno dichiarato di aver investito oltre euro 100.000,00, quindi valori più consoni ad un'attività commerciale che una "sociale", specie se si considera che il bar del circolo interno -che dovrebbe somministrare solo agli affiliati- nemmeno è dotato di registratore di cassa).
Ma forse le regole e quanto stabilito dai Giudici della Repubblica non valgono per tutti, ed anziché gestire la vicenda solo in tribunale è più facile provocare mediaticamente suscitando una facile reazione sulla scorta di unilaterali e semplicistiche versioni, sperando quantomeno di far passare l'idea di essere vittime di altri o di un'ingiustizia.
Di seguito dunque i medesimi punti toccati da Giunta e Gs Sala al Barro riproposti con un'altra chiave di lettura, documenti alla mano, per tentare di far chiarezza sulla vicenda.
Lo spazio è nuovamente a disposizione per eventuali altri interventi.
Per conto dei miei assistiti riporto alcuni elementi che possono essere utili a far comprendere nel complesso la vicenda, in modo da dimostrare le ennesime falsità ed inesattezze contenute nelle dichiarazioni dei soggetti che per conto del Comune e dell'Associazione Sportiva vengono diffuse. Mio malgrado, a questo punto, documenterò quanto affermo a smentita. Primo aspetto. Parto da quello al quale è stato dato maggior risalto, ovvero la richiesta di risarcimento di euro 50.000,00. Questa è la domanda giudiziale contenuta negli atti processuali:
Secondo aspetto, di chiarezza sugli aspetti civili e penali. L'appello, civile, non è stato promosso solo dai sigg.ri Recalcati, i quali hanno chiesto la condanna al risarcimento rispetto al quale il tribunale aveva omesso ogni pronuncia, ma l'appello è stato promosso anche dal Comune e dall'Associazione (si sono incrociate le notifiche dei rispettivi atti). Le vicende penali, invece, derivano dal fatto che non sono state rispettate le prescrizioni del tribunale, per cui è previsto il reato di cui all'art.650 c.p..
Su queste sarà la Procura a valutare la sussistenza dei relativi presupposti, per cui se quest'ultima sta procedendo è forse per il fatto che le controparti ancora una volta dimostrano di non voler rispettare le regole, oppure pretendono che le regole si conformino ai loro desideri ed esigenze. Sarebbe curioso vedere la risposta che verrebbe data ad un cittadino di Galbiate se questi, intimato dal Comune al rispetto di una norma, adottasse lo stesso atteggiamento.
Terzo aspetto, gli orari e la chiusura estiva. Il provvedimento del tribunale di Lecco, in merito agli orari, ha imposto la propria decisione solo su alcuni periodi, posto che per la maggior parte dell'anno sugli orari vi era l'accordo delle parti. I miei assistiti non hanno mai richiesto, infatti, una limitazione dell'attività sportiva dei ragazzi ( ed infatti durante l'anno sportivo, da ottobre a maggio, per ciò che concerne i ragazzi, non c'è alcuna limitazione pregiudizievole all'attività), ma hanno chiesto che venisse data una regolamentazione a quelle che sono in prevalenza le attività diverse da quelle specificatamente sportive. Questo è quanto riportato nel verbale di udienza dell'11.04.2017 in cui Comune ed Associazione (le "parti convenute"), congiuntamente, hanno così dichiarato:
Ora, sulla scorta di tali dichiarazioni e nella ricerca di una mediazione tra le parti, il tribunale -quando ha dovuto decidere- ha imposto la sua decisione solo sulle questioni ove vi era controversia e contrasto. Sulle altre ha recepito le rispettive esigenze per come evidenziate. Quindi se oggi Comune ed Associazione, dopo aver espressamente dato la loro disponibilità alla chiusura del centro per il periodo di agosto, vogliono cambiare ancora idea, è l'ennesima dimostrazione che, come purtroppo è stato evidente sin da prima del contenzioso giudiziale, non è possibile fare affidamento su eventuali accordi, stante il fatto che le controparti sconfessano anche le loro stesse dichiarazioni. Se poi l'esigenza odierna deriva dal fatto che il beach volley è stato da loro "sacrificato" in favore di altri interessi, di questo le controparti non possono certo dolersi con i miei assistiti. Quarto aspetto, la "missione sociale" del centro sportivo. E' doverosa una premessa storica, che fa ben comprendere come in realtà vi siano ben altre e ben diverse questioni rispetto a quelle "sportive".
La questione "rumore" con le prime segnalazioni al Comune da parte dei miei assistiti ha inizio nella seconda metà degli anni '90. Solo nel 2006, quindi dopo parecchi anni di inutili lamentele, i miei assistiti decidono di agire giudizialmente chiedendo al tribunale un accertamento tecnico preventivo nei confronti degli organizzatori delle feste estive.
Il centro sportivo di Sala al Barro
Tale accertamento si concluse evidenziando:1) un superamento dei livelli di emissione previsti dalla normativa amministrativa nelle giornate non coperte da deroghe comunali (rilasciate ad hoc dal Comune, senza la necessaria istruttoria);
2) un superamento della normale tollerabilità secondo i parametri civilistici. Dal momento che a tale accertamento non seguì alcuna causa, verosimilmente Comune e Associazione Sportiva ben pensarono non solo di continuare a fare ciò che sino ad allora avevano fatto creando disturbo, ma decisero di ampliare il centro.
L'avvocato Francesco Marco Bianchi
Così ha dichiarato in un articolo di inizio di quest'anno (prodotto agli atti di causa) il presidente dell'Associazione: "Non era che il 2007 quando il Gs Sala Al barro contava appena 50 atleti tra i suoi tesserati. "Una squadra di terza Categoria" e due di "Pulcini", come ricorda il presidente Alessandro Negri, a dieci anni di distanza la situazione è diametralmente cambiata: calcio pallavolo, pattinaggio, fitness e beach volley "muovono" 330 atleti, mentre sono ben 268 i soci iscritti. Un risultato reso possibile dai continui lavori realizzati al centro sportivo di via monte Oliveto, che hanno avuto uno snodo cruciale nel 2008, quando, tra febbraio e ottobre, sono stati inaugurati la nuova sede, il circolo sportivo e il campo in erba sintetica". Tempismo perfetto: nel 2007 si conclude l'accertamento cui non seguono conseguenze e quindi dal 2007 ... avanti tutta!Ma se già dall'epoca, con un centro sportivo di dimensioni ridotte (e con minori attività) si aveva -perizia di tribunale alla mano!- la certezza di superare i limiti civilistici e di superare quelli ammnistrativi a meno che non vi fossero deroghe ad hoc, perché si è scelto di sviluppare quel sito sportivo?
Perché le regole devono valere per i comuni cittadini ma non per il Comune ed il centro sportivo di sua proprietà, gestito da un'Associazione sportiva nei cui vertici figurano anche componenti della giunta cittadina?
Del resto, come ricordato, ad essere limitati in concreto dal provvedimento del tribunale di Lecco sono le attività diverse da quelle specificatamente sportive. Ad essere limitati sono ad esempio i camp estivi da 250,00 euro la settimana (forse visto il costo non proprio attività "sociale")e la ristorazione (per la quale, nel corso degli anni, tra il 2004 ed il 2010 i gestori hanno dichiarato di aver investito oltre euro 100.000,00, quindi valori più consoni ad un'attività commerciale che una "sociale", specie se si considera che il bar del circolo interno -che dovrebbe somministrare solo agli affiliati- nemmeno è dotato di registratore di cassa).
Ma forse le regole e quanto stabilito dai Giudici della Repubblica non valgono per tutti, ed anziché gestire la vicenda solo in tribunale è più facile provocare mediaticamente suscitando una facile reazione sulla scorta di unilaterali e semplicistiche versioni, sperando quantomeno di far passare l'idea di essere vittime di altri o di un'ingiustizia.
Avvocato Francesco Marco Bianchi
