Galbiate: una serata sul terrorismo islamico con Stefano Dambruoso. Dobbiamo avere paura?
Nel 2003 il settimanale Time lo ha inserito nelle liste degli "Eroi Moderni" per il suo impegno nelle indagini sulla rete di Al-Qaida: venerdì sera Stefano Dambruoso, magistrato divenuto, nel corso della scorsa legislatura, onorevole tra le file di Scelta Civica, ha presentato a Galbiate il suo ultimo libro, "JIHAD - La risposta italiana al terrorismo. Le sanzioni e le inchieste giudiziarie".
Il volume - che dedica tra l'altro diverse pagine anche a casi concreti di radicalizzazione e adesione alla "guerra santa" senza dimenticare vicende ben note ambientate anche nel lecchese - è rimasto però sullo sfondo del sintetico quanto efficace excursus proposto dall'ospite "punzecchiato" poi non solo dai moderatori - il dott. Vito Potenza e la dott.ssa Rita Corti - ma anche e soprattutto dal pubblico a cui, volontariamente, è stato lasciato spazio per "approfittare" della presenza di un personaggio di tale calibro. Non sono mancate dunque "sollecitazioni" anche importanti come le riflessioni condivise - a titolo personale ma certamente anche da servitori dello Stato e dunque da "tecnici del mestiere" - dal Questore Filippo Guglielmino e dal Tenente Colonnello dell'Arma dei Carabinieri Claudio Arneodo, accompagnato anche dal Luogotenente Rossano Lambardi.
Stefano Dambruoso
Ricordando come già nella seconda metà degli anni '90 l'Italia abbia iniziato a occuparsi di terrorismo di matrice islamica, pur non riservando a tale emergente problema lo stesso vigore con cui, dopo Tangentopoli, si è affrontata la piaga della corruzione, Dambruoso ha portato alla memoria gli arresti compiuti in viale Jenner a Milano cinque anni prima dell'11 settembre, data che indubbiamente ha segnato uno spartiacque nella storia di ciascuno di noi e dell'umanità in generale, rendendoci consapevoli - dinnanzi a 3 mila morti - di "avere un fenomeno nuovo, in casa nostra". Non sono mancati poi episodi più o meno violenti anche negli anni successivi: Madrid 2004 e Londra 2005 solo per ricordare i fatti più gravi in Europa. "Ma la risposta data è stata adeguata, con indagini tutto sommato tradizionali" ha detto il magistrato, argomentando circa la facilità - ci si passi il termine senza voler sminuire il lavoro di intelligence, forse dell'ordine e giustizia - di scardinare una rete ben strutturata con un capo, dei sottocapi, delle scelte importanti da fare per entrare a far parte di un'associazione con le sue regole e la organizzazione.
In prima fila, da destra, il t.colonnello Claudio Arneodo e il Questore Filippo Guglielmino
Rita Corti, il magistrato e Vito Potenza
"Grazie a Mario Monti sono arrivato in Parlamento e ho potuto dare il mio contributo da esperto della materia" ha sostenuto, evidenziato come a suo avviso lo Stato avrebbe bisogno di un maggior numero di tecnici al Governo, avendo egli stesso riscontrato come "l'80% di onorevoli e deputato non sa fare nulla".Nella propria disamina, Dambruoso ha così ricordato come necessariamente si sia arrivati "a comprimere la libertà di tutti per avere più sicurezza" e come, i correttivi normativi, abbiamo portato a una anticipazione della soglia di punibilità, introducendo reati come l'autoreclutamento o prevedendo pena anche per chi tenta di rientrare in Italia dopo essere stato fuori dai confini per supportare o "contattare" organizzazioni terroristiche. "Negli ultimi due anni abbia avuto 150 espulsioni" ha detto, sottolineando come tale procedura sia resa possibile anche dalla non applicazione, nel Belpaese, dello ius-soli, e dunque dai paletti sulla concessione della cittadinanza che, sì creano disuguaglianze ma rendono possibile allontanamenti inimmaginabili, per esempio, in Francia.
"Non significa essere cattivi ma servono leggi dure se vogliamo pensare a una società con minori rischi" ha asserito, tornando infine, su domanda esplicita di un cittadino, sul tema della sicurezza reale e percepita nel nostro Paese. Al "perché non abbiamo avuto attentati in Italia?" ha risposto parlando di forze di polizia efficaci, di una minor presenza - in proporzione - di soggetti potenzialmente pericolosi già sul territorio e della capacità, pur con tante sfumature, della nostra gente di essere accogliente, senza aver creato veri e propri ghetti e a quella rabbia che all'interno degli stessi è poi esplosa in altri contesti. "Un morto legato all'ISIS lo abbiamo avuto, è un morto legato alla paura dell'ISIS" ha dichiarato, citando i fatti accaduti in piazza a Torino durante la partita della Juventus. "La percezione deve essere gestita meglio, l'allarmismo non ha mai aiutato" ha sostenuto, avventurandosi poi, seguendo i temi "spinti" dal pubblico, nei meandri dell'integrazione e della nuova sfida rappresentata dalla gestione dell'immigrazione, prima di ricevere un riconoscente applauso finale.
A.M.